domenica 2 giugno 2019

2 giugno senza sole

Quest'anno il 2 giugno e` caduto di domenica,  così questo anniversario e` passato un po` inosservato.

Oggi e` la festa della nostra Repubblica, nel 1946 gli italiani decisero di smettere di essere una monarchia e di darsi un assetto democratico, dopo un terribile ventennio di dittatura, e ogni anno noi lo celebriamo, ma non tutti allo stesso modo.

Ad esempio Salvini oggi si dice orgoglioso dell'Italia, ma qualcuno ha ripescato un post su FB di qualche anno fa in cui egli stesso dice di non aver nulla da festeggiare. Oggi poi fa anche polemica con Roberto Fico, che pure i destinatari dei loro pensieri non sono gli stessi, per uno gli ultimi, rom e rifugiati, per l'altro gli italiani... come se poi molti rom non lo fossero.
Il 2 giugno e` di tutti. Pure mio che per un cambio di programma familiare mi ritrovo ad avere madre e figli in casa a pranzo col frigorifero vuoto. Dovro` fare la spesa di domenica, cosa che detesto, anche quando non coincide con 2 giugno.

Cosi`snobbo il supermercato vicino casa e mi dirigo verso via Argine, tra Barra e Ponticelli così, penso, faccio un salto alla Wirpool, quella che alcuni chiamano ancora Ignis, dove un mio caro zio defunto da anni ha lavorato tutta la sua vita, strappata via da un brutto male.
Ho voglia di dare un senso a questa festa, che dopo il risultato delle elezioni europee io un senso non lo trovo più.

Scendo dall'auto, e quando dico che gli porto la mia solidarietà gli operai mi fanno un applauso che mi imbarazza. Chiedo cosa posso fare per loro, mi chiedono di parlarne, si sentono invisibili. Un ragazzo giovanissimo mi racconta della sua azienda, la Petra, che fa manutenzione per la Wirpool e quindi chiuderà. Un altro operaio più anziano lucidissimo e disincantato mi racconta dei politici passati, dell'incontro fissato con Di Maio per martedì, senza mostrare nessuna fiducia per il proprio futuro. "L'Italia e` un paese che muore, nessuno vuole investire qui, troppa burocrazia, troppe tasse, e poi parliamoci chiaro, in Polonia il lavoro costa meno e a nessuno conviene restare qui. Se questa fabbrica non chiude ora chiuderà tra un anno e mezzo, noi non abbiamo speranza". Tra operai interni e quelli dell'indotto si tratta di circa 1500 dipendenti, e io penso che ognuno ha un nome che non conosciamo, una storia personale, mille speranze. Speranze che si scontrano con il libero mercato e cadono giu` frantumate come specchi in mille pezzi.

Chiedo il permesso di fare foto, loro ne sono contenti, dicono che tutti dovremmo parlare di loro, parlare e mostrare. Hanno bisogno di visibilità, si sentono invisibili.
Mi offro di portare del caffè, mi dicono che dentro hanno i distributori, mi sento un po` scema, saluto e vado via, verso il centro commerciale ubicato li` vicino.

Anche li` c'e` stata una chiusura e riapertura, e` cambiata la gestione, chissa` se tutti hanno salvato il loro posto di lavoro. Ho fatto abbastanza tardi. L'unica e` andare al banco gastronomia, e prendere qualche contorno pronto, la mattinata sta per terminare e l'orario del pranzo con ospiti si avvicina. Al banco mi serve una giovane donna, che si lamenta del caldo, parliamo del clima un po` pazzo, le dico che ero uscita col giaccone ma che poi era uscito il sole e che al sole faceva caldo.
Lei a un tratto mi chiede: "Ma fuori ora c'e` ancora il sole?" E io realizzo in un attimo che nel centro commerciale non ci sono finestre, la luce e` artificiale e l'aria condizionata decide la temperatura.

Oggi e` il 2 giugno, la festa della Repubblica fondata sul lavoro.
Sul lavoro, maledizione.

Quello che gli operai della Wirpool si stanno vedendo sottrarre, quello che impedisce la ragazza del banco gastronomia di vedere il sole anche se e` domenica, anche se e` la festa della Repubblica.
Voi politici continuate a fare polemiche sui social, mi raccomando.


sabato 16 marzo 2019

The day after (the #stikeforfuture)

The day after.

Ieri c'è stata la grande manifestazione globale per il clima. Fiumi di giovani di ogni nazionalità sono scesi in piazza per sensibilizzare l'opinione pubblica e chiedere ai governi di mettere in pratica atti volti ad arrestare il riscaldamento globale.
Le polemiche non sono mancate, a partire da quelle su Greta Thumberg, la giovane attivista svedese che ha avuto il merito, con la sua protesta iniziata nell'agosto 2018, di aver dato l'avvio alla manifestazione del mondo studentesco ma non solo, visto che ieri in piazza c'erano anche adulti.
Visto che è stato già detto tutto (chissà chi c'è dietro la ragazzina, è solo un'operazione di marketing, la madre ha scritto un libro, Greta è affetta dalla sindrome di Aspergen e da mutismo elettivo, ha un aspetto inquietante, è stata indottrinata, è uno strumento nelle mani dei liberisti che vogliono distrarre l'opinione pubblica e manovrare le politiche internazionali) eviterò di scrivere qualsiasi cosa su Greta, anche se una mia idea precisa su questa ragazza così ostinata anche a causa del suo profilo psicologico me la sono fatta e potrei parlarne per ore.
Preferisco raccontarvi la "mia" visione di questa manifestazione, che non è la prima marcia ecologista a cui partecipo. Del reso siamo più sinceri quando parliamo di noi stessi e del nostro mondo, e questa mattina voglio essere autentica.
Ieri mattina mi son svegliata... ed ero come al solito qui in Germania, in una terra straniera, in cui si parla un idioma che a mala pena capisco e neanche sempre, e che ancora non riesco a parlare se non per le piccole frasi di sopravvivenza.
Vedevo su Facebook le immagini delle prime persone che nelle varie città italiane si recavano alla manifestazione: Da Milano, da Palermo, da Roma ma anche dalla mia adorata Napoli, mentre la mia home si riempiva di immagini e video, il mio cuore si riempiva di nostalgia.
Poi subito dopo ho pensato di non andare al mio corso di tedesco e di recarmi davanti alla stazione di Wiesbaden, posto indicato per l'inizio del corteo  dello #stikeforfuture: questa manifestazione è stata indetta per lottare per la salvaguardia del pianeta Terra, e quindi che sia in Italia, Germania, Svezia (la terra di Greta) non fa differenza. Potevamo partecipare tutti.
Arrivata al sottopasso che conduce davanti alla stazione ho sentito una fisarmonica suonare. Le note erano quelle di  "O' sole mio" e ho voluto pensare che quella musica era un chiaro segno: la mia terra è ovunque.
E' proprio questa la maggiore forza di questa manifestazione, non combatte per una specifica zona, per un solo paese, ma per l'intero pianeta, perché appartiene a tutti. La sua buona riuscita è la migliore risposa ai sovranisti d'assalto: basta pensare ai confini, o ci salviamo tutti o non si salverà nessuno.
Il corteo era composto soprattutto di ragazzi, ma la partecipazione di intere famiglie era numerosa, i cartelli erano colorati, a volte ironici, a volte a tenerli tra le mani erano bambini accompagnati dai genitori.
Gli slogan urlati in tedesco venivano accompagnati da salti. Ho inviato un piccolo video da me realizzato a un'amica napoletana che mi ha risposto: "Che bello, sembrano di Forcella".(guarda qui) Eh si, i giovani sono giovani in tutto il mondo alla stessa maniera.

Mi hanno dato un volantino, in grassetto vi era scritto: Il capitalismo è un errore, pensare a uno sviluppo sostenibile è la cosa giusta.
Eh si, perché una manifestazione ambientalista è senza alcun dubbio anticapitalista. E' stato proprio l'anteporre i guadagni al benessere del pianeta (e quindi della razza umana) a ridurre la nostra terra allo stremo.
Partecipare alla manifestazione in un paese che non è il mio ma che è ormai la mia seconda casa ha dato modo a quest'anima divisa in due di ricomporsi temporaneamente, di vivere un momento di comunione con i suoi simili, e poco importa, anzi importa niente, quale lingua parlassero o di che colore fossero.

Per continuare le polemiche sulla manifestazione di ieri, sono comparse alcune intervista a ragazzi che sembravano capitati lì per caso, come se non fosse fisiologico che una piccola parte di studenti da sempre si rechi alla manifestazione ignorandone il significato, giusto per saltare la scuola. Mostrare le immagini di quei 3 o 4 ragazzi piuttosto che quelle di centinaia di migliaia di giovani consapevoli di cosa stavano facendo tenta di sminuire quel bel fiume umano che ieri ha abbracciato tutto il pianeta.

Una cosa interessante l'ha fatta ieri il programma Propaganda Live: nello stesso giorno della manifestazione ha mostrato ai telespettatori un servizio su Taranto che a dir poco ho trovato allucinante. L'ex Ilva (che ora ha un altro nome ma che la gente continua a chiamare così) è ancora lì, continua ad offrire un mix letale di lavoro e morte, le interviste ai tarantini sono difficili persino da sentire, tanta è la loro rabbia, mista al dolore e alla rassegnazione di chi non può scegliere.
Ecco, è sull'abbattere questa necessità di scegliere tra lavoro e morte che bisognerà concentrare le nostre forze, e non sulle teorie complottiste su Greta Thumberg.
E' sulla necessità di non trasformare la manifestazione di ieri in un atto sporadico e goliardico che dovremmo mettere la nostra energia.
I governi di tutto il mondo dovrebbero prendere atto dell'allarmante situazione: per molti scienziati abbiamo solo 11 anni per invertire il senso di marcia, dopo di che il processo di surriscaldamento globale sarà irreversibile.

 Vogliamo mica continuare a bruciare tutti come polli arrosto? Vogliamo mica vedere ancora gente morire di lavoro come a Taranto? Vogliamo mica assistere alla morte per cancro di altri bambini della Terra dei fuochi?
Se c'è una lezione che dobbiamo apprendere da Greta è proprio quella della tenacia, della "fissazione". La salvaguardia dell'ambiente dovrà diventare il primo pensiero per ognuno di noi. Undici anni sono pochi, pochissimi, e oggi abbiamo un giorno meno di ieri.



domenica 10 febbraio 2019

Correre col cuore di latta per fare soldi e comprarci una Rolls Royce...

Tutti parlano del festival ma nessuno dice che...
Il Festival di Sanremo, snobbato da molti intellettuali, ha sempre rappresentato per me una vetrina privilegiata per osservare fenomeni di costume e tendenze della nostra società, perché alla fine la canzone italiana ci parla, con sottofondo musicale, del nostro paese.
La scommessa di Baglioni è stata quella di aver inserito in gara un bel numero di giovani, di volti che non erano noti ai soliti frequentatori del festival, e a giudicare dal podio la scommessa l'ha vinta. L'età media dei primi classificati è davvero bassa.
Visto che sulla vittoria di Mahmood e sulle sue origini egiziane le polemiche sono già state fatte tutte, mi vorrei soffermare sull'argomento del testo della sua canzone, e del filo rosso che unisce la quasi totalità dei testi delle canzoni di quest'anno.
Se prima al centro della musica italiana c'era l'amore, la coppia, oggi ai rapporti amorosi resta uno spazio più ridotto. Il testo di buona parte dei pezzi parla del conflitto generazionale, dei rapporti familiari, e questo un significato ce lo avrà di sicuro.
Il padre della canzone vincitrice è un padre assente, che non riesce ad assolvere al suo compito, che non è un esempio valido per il figlio, che perde la dignità e l'orgoglio e genera sofferenza, e un grosso vuoto. Qualcuno potrebbe dire che il conflitto tra padre e figlio in questo caso è anche uno scontro tra culture, ma questa è una falsa lettura, perché non è in discussione il mondo musulmano, ma i cattivi esempi, da qualsiasi cultura provengano.
Il padre della canzone di Irama, ad esempio, non è certo straniero, eppure è violento, "La ragazza con il cuore di latta" si porta come un macigno addosso una storia fatta di lividi e alcolismo.
Il ragazzo sedicenne della canzone di Daniele Silvestri si sente prigioniero della scuola, e pensa alla sua famiglia come "ai domiciliari". La canzone denuncia la difficoltà di comunicazione tra adulti e giovani, del tentativo di incasellare con le conseguenti sofferenze qualsiasi forma di "Argento vivo".
La canzone è un vero grido di dolore, è una denuncia forte, e sarebbe davvero un peccato mortale non coglierne il senso.
Anche in altre canzoni si parla di rapporti familiari, e gli unici positivi sono quelli che solcano la cifra della nostalgia, come nella canzone di Ultimo, votatissimo dal pubblico, che rimpiange chi non c'è più, forse una madre avvertita prima come rompipalle e di cui ora il protagonista sente la mancanza. Anche Paola Turci riscopre il padre nel momento in cui lui sta morendo, e la dedica al nonno di Nigiotti è struggente, e si muove nel passato, nella scia di quello che non c'è più.
A sancire di più il fil rouge che unisce le canzoni di quest'anno c'è poi l'intensa partecipazione di Anastasio, anche lui giovanissimo, vincitore di X Factor, che come già nel talent denuncia con il suo testo questa difficoltà a "correre" che la società impone ai giovani. La società dei valori retorici e tradizionali è stata ben rappresentata infine dal Volo, che si beccano il terzo posto lasciandosi alle spalle canzoni molto meno inutili della loro.
Ora veniamo a me, e alle mie emozioni. Queste canzoni mi portano riflessioni un po' scomode, e dolorose. Nel gioco delle parti io sono costretta a stare dall'altro lato, nel mondo degli adulti, eppure sento in me tanta empatia per questo disagio giovanile, e avverto come un male necessario il darmi addosso dei miei figli, per cui io rappresento mio malgrado il nemico. Eppure in qualche momento anche io percepisco la scuola come una prigione in cui sono reclusa da 50 anni, eppure non riesco a comunicare ai ragazzi che io sono dalla loro stessa parte. Questa società in cui contano solo i Soldi, Soldi, (clap clap), che ci fa vivere come miti una diva platinata che piange in Rolls Royce, o una cantante di 27 anni che si sfonda di alcool e droghe (vedi testo della canzone di Achille Lauro, manifesto di una vita spericolata 2.0) in fondo ci ha reso tutti fragili, tutti intenti a correre per fare soldi e vivere con un cuore di latta. Come potremmo farglielo capire? Come potremmo ridefinire la famiglia con contorni più umani e meno anacronistici?
Quello che invece quest'anno è davvero mancato, è uno spazio femminile, solo 6 donne in gara, nessuna sul podio, dove l'unica papabile era una stella del rock di 68 anni vicina alla quota 100. Davvero non c'è nessuna ragazza in Italia che non sappia raccontare rappando il nostro mondo, che è ancora più complicato di quello di chi nasce maschio?
Ma siccome in fondo sono sole canzonette mi concentrerei infine sull'interrogativo irrisolto: cosa c'era nella borsetta della Bertè? Nessuno ne parla...