mercoledì 19 luglio 2017

Il pericolo e` il mio mestiere

"Roger, sai una cosa? Questa citta` non mi dispiace, e` abbastanza grande ma non e` caotica come New York, e` abbastanza vicina alla tua famiglia ma non mi farebbe sentire a disagio. Io sono un animale cittadino, che potrebbe annoiarsi in un tranquillo paesino del Middle West, ma forse se decidessimo di trasferisci in USA potremmo venire ad abitare qui".
Pronunciai questa frase alla fine di una bella serata, dopo una cena in un elegante ristorante. Avevamo parcheggiato li` vicino, senza alcun problema, avevamo mangiato benissimo, pagato un conto non economico ma assolutamente giustificato dal servizio e dalle squisite portate. Eravamo a Saint Luois, una delle citta` piu` pericolose al mondo secondo l'elenco pubblicato dalla rivista inglese The Sun qualche giorno fa. Ma io non lo sapevo, non sapevo che l'attrazione che avevo provato per quella citta` era il brivido del pericolo, forse perche` la maggior parte della mia vita io l'ho passata un un'altra delle citta` comprese nella black list, Napoli, il posto piu` pericoloso d'Europa, sempre secondo il magazine londinese.
Ovviamente i miei concittadini, in questi giorni, si interrogano sulla presenza della bella Partenope all'interno di una graduatoria al negativo. Del resto nell'articolo non sono riportati dati, non vi sono spiegazioni sui parametri considerati per stilare la classifica. Certo, si parla di omicidi, di droga, di criminalita` organizzata, e per altre citta` di diritti civili negati, di terrorismo. L'articolo del tabloid fa arrabbiare i napoletani, e non poco. Non bastava il sindaco di Cantu`(leggi qui), di cui ho gia` parlato in precedenza, non bastava la stampa nazionale sempre poco generosa con la nostra citta`, non bastavano i luoghi comuni, sparati a raffica dagli esponenti della lega nord, e a volte dagli stessi napoletani che vanno via e preferiscono mettere a tacere la propria nostalgia con un paradossale e dispregiativo distacco, ci mancavano pure gli inglesi.
Siccome pero` in difesa della bella metropoli sotto il Vesuvio si sono gia` spesi in tanti, a cominciare dal suo appassionato primo cittadino che tanto si sta spendendo per una rinascita turistica di Napoli, voglio spezzare una lancia e rivolgere la mia solidarieta` agli abitanti di Saint Louis.
Non credo infatti che loro siano abituati come noi napoletani a doversi difendere da vagonate di fango mediatico, dai pregiudizi, e di contro non hanno neanche da sbandierare bellezze paesaggistiche quali le nostre. Per noi che ci abbiamo fatto il callo, resta facile mostrare immagini mozzafiato, raccontare dell'allegra ospitalita` del popolo partenopeo, per mettere a tacere le male lingue. Ci siamo abituati, a difendere la citta`dalla denigrazione, lo diciamo persino nei cori da stadio.
Ma cosa avranno mai pensato i cittadini di Saint Louis a essere accostati ai cittadini di Raqqa, o di Mogadiscio, o di Manila? Quali tramonti potranno mostrare visto che non hanno uno dei piu` bei golfi al mondo come noi? Quale centro storico comprendente edifici e chiese di cosi` tanti stili architettonici potranno esibire in loro difesa? Quali delizie culinarie potranno sbandierare sotto il naso dei detrattori mostrando colori, odori e sapori cosi` unici al mondo?
Pero` qualcosa di carino ce l'hanno pure loro, io ricordo ad esempio il Gateway Arch, che pare mezza emme di Mac Donald's, ma puoi salirci sopra e vedere la citta` dall'alto, oppure il fantastico Busch Stadium, dove ho passato diverse ore a cercare di capire le regole del baseball, senza alcun successo, ma dove mi sono consolata mangiando gli hot dog piu` buoni della mia vita. Ricodo anche un giardino zoologico molto ben curato, per di piu` a ingresso gratuito, ricordo diversi musei, negozi eleganti, insomma io avevo pensato persino di poterci vivere li`, incurante del pericolo che avrei corso. Ma certo, io sono nata a Napoli e ai pericoli ci sono abituata, e so quanto pericolosi possano essere i cretini, specie se lavorano in una redazione di un giornale.

(nella foto io in uno dei posti piu` pericolosi del mondo, Saint Louis)

lunedì 10 luglio 2017

Il destino e la distanza

Mi sono allontanata di nuovo. Sono di nuovo in terra straniera, un po' emigrante, un po' esule, un po' turista. Attutisce il mio disagio la musica di Pino Daniele, curative le sue note che affiorano dagli altoparlanti disseminati per tutta la casa. "Saglie, saglie, cu 'sta sporta chiena d'aglie"... e i miei pensieri tornano a un altro periodo della mia vita. Questa canzone per me è legata al ricordo di un bambino che non è mai diventato adulto. La cantava nella recita di Natale. Era in classe di mio figlio maggiore, e quell'anno io aiutai un po' la suora maestra nel preparare i bambini. E. era un bambino che sorrideva sempre, anche se dentro doveva soffrire terribilmente. Quando la madre era andata via lui era piccolo, e dimostrava il suo disagio vomitando ogni santo giorno. Prese l'impegno della recita con grande serietà, orgoglioso della parte che gli era stata assegnata. La cesta con l'aglio la portava sulla spalla come un trofeo. Anche la parte recitata andò bene, un trionfo. Quando a fine anno andò via per trasferirsi in un'altra città eravamo tutti un po' tristi ma anche contenti. Un lavoro per il papà, una nuova mamma, una sorellina, un futuro migliore, lontano dalla nostra maledetta città in cui viveva ai margini, in cui poteva prendere brutte strade, in cui chissà che vita avrebbe avuto. Qualche anno dopo, quando i pensieri sul futuro di E. erano ormai accantonati nel mio cervello in qualche posto remoto, una storia di cronaca nera fecero riaffiorare tutto, e maledire il momento in cui era andato via. Un folle assassino aveva ucciso un uomo, e non si trovava più il ragazzino che aveva visto qualcosa, aveva capito chi aveva commesso il crimine. Lo trovarono cadavere in un pozzo, l'Italia intera in cordoglio davanti ai teleschermi. La notizia sul giornale, io correvo e piangevo, correvo a prendere mio figlio che era da un amico, correvo con la paura in corpo che potesse vedere la foto del suo amico d'infanzia in prima pagina, vittima di un mostro. Conosco da allora la differenza del percepire i fatti di cronaca quando conosci le persone coinvolte. Chi ha conosciuto una vittima di un fatto di sangue non rivede la scena del crimine apparsa in TV, rivede immagini quotidiane, fatte di parole, sguardi, sorrisi, e anche canzoni. La distanza emotiva è diversa. Certo, quando leggiamo di tragedie tutti siamo dispiaciuti per chi non c'è più, ma le vittime sono persone di cui possiamo solo immaginare e fantasticare. Tutte avranno avuto affetti, ognuna di loro avrà incrociato migliaia di altre persone. Ma chi le conosceva e le amava si domanda con molto più strazio perché, perché doveva accadere. Mentre sono dietro questo monitor chissà quante persone stanno morendo, però non le conosco. So che c'è chi scappa da una guerra, chi non ha più da mangiare, chi muore per mano di un amore malato, chi muore restando a casa sua, nel suo letto, come è capitato alle vittime di Torre Annunziata. Conoscevo anche io Edy, la sindacalista bella e solare della Flc CGIL, come la conoscevano in tanti. Ci ho passato una mezza mattinata all'USR, mi aiutò per un ricorso, mi scortò per uffici, prendemmo il caffè, chiacchierammo del più e del meno. Ora lei non c'è più, e a me sembra incredibile. Le morti raccontate dai giornali hanno più dimensioni, e molteplici distanze emotive. Lei morta nel suo letto, io qui a tremare di paura per il mio prossimo volo aereo, perché non mi abituerò mai a volare. E mi sento scema, scema davvero, tanto il destino supera qualsiasi distanza. Quelle emotive, quelle reali. Non può esserci altra spiegazione, non c'è. Siamo niente, siamo polvere. Chi vuol esser lieto sia, di doman non v'è certezza. Ci sentiamo quando arrivo dall'altra parte del globo, se il destino vorrà non c'è distanza che tenga.