lunedì 10 luglio 2017

Il destino e la distanza

Mi sono allontanata di nuovo. Sono di nuovo in terra straniera, un po' emigrante, un po' esule, un po' turista. Attutisce il mio disagio la musica di Pino Daniele, curative le sue note che affiorano dagli altoparlanti disseminati per tutta la casa. "Saglie, saglie, cu 'sta sporta chiena d'aglie"... e i miei pensieri tornano a un altro periodo della mia vita. Questa canzone per me è legata al ricordo di un bambino che non è mai diventato adulto. La cantava nella recita di Natale. Era in classe di mio figlio maggiore, e quell'anno io aiutai un po' la suora maestra nel preparare i bambini. E. era un bambino che sorrideva sempre, anche se dentro doveva soffrire terribilmente. Quando la madre era andata via lui era piccolo, e dimostrava il suo disagio vomitando ogni santo giorno. Prese l'impegno della recita con grande serietà, orgoglioso della parte che gli era stata assegnata. La cesta con l'aglio la portava sulla spalla come un trofeo. Anche la parte recitata andò bene, un trionfo. Quando a fine anno andò via per trasferirsi in un'altra città eravamo tutti un po' tristi ma anche contenti. Un lavoro per il papà, una nuova mamma, una sorellina, un futuro migliore, lontano dalla nostra maledetta città in cui viveva ai margini, in cui poteva prendere brutte strade, in cui chissà che vita avrebbe avuto. Qualche anno dopo, quando i pensieri sul futuro di E. erano ormai accantonati nel mio cervello in qualche posto remoto, una storia di cronaca nera fecero riaffiorare tutto, e maledire il momento in cui era andato via. Un folle assassino aveva ucciso un uomo, e non si trovava più il ragazzino che aveva visto qualcosa, aveva capito chi aveva commesso il crimine. Lo trovarono cadavere in un pozzo, l'Italia intera in cordoglio davanti ai teleschermi. La notizia sul giornale, io correvo e piangevo, correvo a prendere mio figlio che era da un amico, correvo con la paura in corpo che potesse vedere la foto del suo amico d'infanzia in prima pagina, vittima di un mostro. Conosco da allora la differenza del percepire i fatti di cronaca quando conosci le persone coinvolte. Chi ha conosciuto una vittima di un fatto di sangue non rivede la scena del crimine apparsa in TV, rivede immagini quotidiane, fatte di parole, sguardi, sorrisi, e anche canzoni. La distanza emotiva è diversa. Certo, quando leggiamo di tragedie tutti siamo dispiaciuti per chi non c'è più, ma le vittime sono persone di cui possiamo solo immaginare e fantasticare. Tutte avranno avuto affetti, ognuna di loro avrà incrociato migliaia di altre persone. Ma chi le conosceva e le amava si domanda con molto più strazio perché, perché doveva accadere. Mentre sono dietro questo monitor chissà quante persone stanno morendo, però non le conosco. So che c'è chi scappa da una guerra, chi non ha più da mangiare, chi muore per mano di un amore malato, chi muore restando a casa sua, nel suo letto, come è capitato alle vittime di Torre Annunziata. Conoscevo anche io Edy, la sindacalista bella e solare della Flc CGIL, come la conoscevano in tanti. Ci ho passato una mezza mattinata all'USR, mi aiutò per un ricorso, mi scortò per uffici, prendemmo il caffè, chiacchierammo del più e del meno. Ora lei non c'è più, e a me sembra incredibile. Le morti raccontate dai giornali hanno più dimensioni, e molteplici distanze emotive. Lei morta nel suo letto, io qui a tremare di paura per il mio prossimo volo aereo, perché non mi abituerò mai a volare. E mi sento scema, scema davvero, tanto il destino supera qualsiasi distanza. Quelle emotive, quelle reali. Non può esserci altra spiegazione, non c'è. Siamo niente, siamo polvere. Chi vuol esser lieto sia, di doman non v'è certezza. Ci sentiamo quando arrivo dall'altra parte del globo, se il destino vorrà non c'è distanza che tenga. 

2 commenti:

  1. Solo un forte abbraccio, per il piccolo amico di un tempo, per la giovane amica di oggi. Per le tue perdite, da un' amica virtuale ❤

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