venerdì 6 gennaio 2017

Piccolo angolo pubblicità. Un caso estetico e uno etico. Prima parte.

Se due giorni fa qualcuno aveva indetto la giornata della bufala sulla privacy su FB (ricordate il post che fa riferimento al consiglio della Guardia di Finanza?) ieri è stata la giornata dell'indignazione contro i feti canterini di Carlo Conti. Lo spot realizzato per il prossimo Sanremo, ambientato in un ambulatorio ginecologico, dove si vedono giovani mamme che ascoltano "Non ho l'età" insieme ai propri feti, che cantano la canzone sanremese al caldo dell'utero materno, sta facendo parlare molto di sé, cosa che per una spot pubblicitario non è proprio un male. Il problema è che i commenti che sta suscitando non solo non sono entusiasti, ma sono proprio aggressivi, violenti. Lo spot viene definito "allucinante, pazzesco, vergognoso, orrido, orripilante". Le mamme ritratte sono state definite "tre cretine che si lasciano strumentalizzare", quasi che si trattasse davvero di donne incinte in visita dal proprio medico e non di tre attrici che interpretano un ruolo. Perfino sul fatto che tra le tre ragazze ne sia compresa una di colore viene vista come strumentalizzazione della multietnicità, mentre le donne incinte diventano nell'immaginario collettivo portatrici di un messaggio conservatore, antiabortista, e c'è chi ci ha visto un nesso con i discutibili spot del fertility day della Lorenzin. Trovo singolare che queste presunte affinità vengano colte più di quelle con il video musicale di Teardrop dei Massive Attack, suggestione che dovrebbe essere molto più scontata visto che è palesemente richiamato nello spot sanremese perfino l'attacco musicale.
Probabilmente il messaggio che voleva trasmettere il creativo era quello che persino i bambini che ancora devono nascere già cantano le canzoni del festival canoro più famoso d'Italia, del resto lo spot finisce con la voce di Carlo Conti che declama lo slogan già rodato da tempo "tutti cantano Sanremo". 
Chissà come avrà reagito chi ha pensato e confezionato questo spot rispetto alle polemiche innescate. 
Certo che fare il pubblicitario è un mestiere duro. Da ragazzina pensavo fosse una delle professioni più affascinanti del mondo, una cosa da geni. Forse nella costruzione del mio immaginario aveva contribuito il telefilm "Vita da strega" dove spesso Samantha doveva aiutare con la sua stregoneria il marito Darrin nel creare spot che convincevano il cliente, assicurandogli il contratto che gli salvava il posto di lavoro. 
Perché se il tuo lavoro non piace, se la tua creazione non è abbastanza creativa, è difficile che tu possa continuare a fare il pubblicitario molto a lungo.  
Dietro ogni singolo spot c'è un lavoro che spesso neanche immaginiamo, in una reclame tutto è importante, il soggetto, la musica, gli interpreti, tutto deve essere curato al fine di far passare un messaggio, e l'obiettivo di solito è quello di indurre nel consumatore il bisogno per quel prodotto, per farglielo desiderare, comprare, bramare.Va da sé che a Carlo Conti quello che interessa è che la gente guardi il suo Festival, se farà ancora una volta un buon ascolto il suo futuro lavorativo sarà meno incerto. Non credo invece che la percentuali dei bambini che nasceranno in Italia potrà avere influenze sul suo portafogli, a meno che non vengano piazzati da subito tutti davanti al televisore a guardare Sanremo. 
Però io tutto questo l'ho scritto pensando a un'altra pubblicità che mi ha molto colpita in questi giorni, di cui però non ho sentito parlare in questi giorni, tranne da una mia cara amica che si chiedeva di chi fosse la voce narrante che accompagnava lo spot. Uno spot a mio parere molto ben confezionato, a tratti emozionante, che però mi ha portato a fare delle riflessioni etiche, e non estetiche, come quelle del caso dei feti/mamozi canterini che qualche problemino di bellezza ce l'hanno. Volete provare a indovinare di quale spot si tratta? 
Quasi quasi... ve ne parlo domani.  



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