sabato 7 gennaio 2017

Quei soggiorni in collina quando ero bambina

Oggi la prima notizia che ha attirato la mia attenzione è stato un articolo sulla terribile situazione dell'ospedale Santobono, a Napoli. L'articolo de La Repubblica Napoli comincia così: Mancano anche gli erogatori di ossigeno. Le 23,15 della notte, ospedale Santobono, azienda pediatrica di rilievo nazionale: 20 barelle, 43 bimbi ricoverati e solo 21 letti ordinari. Ad assistere tutti si contano appena 4 infermieri. Numeri (e situazione) da brividi che il Santobono registra quasi ogni giorno. Una condizione di disagio e di rischio che fa lanciare l’allarme a medici e personale parasanitario. 
leggi l'articolo ) 
La cosa mi indigna, non solo parliamo di malati, ma parliamo di malati bambini. 
La frase sugli erogatori di ossigeno mi fa star male. Io in quell'ospedale ci ho passato tanto del tempo della mia infanzia, proprio con l'ossigeno. Ci arrivavo ogni tanto, col pronto soccorso, quando i miei genitori non riuscivano più a gestire la mia asma con la solita fiala di Bentelan, e allora non restava che il Santobono. I miei si guardavano in faccia, e dopo due minuti ero già avvolta in una coperta mentre mio padre accendeva il motore della sua 127 Fiat. 
L'asma. L'asma è una cosa troppo brutta, ogni tuo respiro ti sembra una conquista faticosa, è una corsa, una gara tra te e i tuoi bronchi, i tuoi polmoni. Spesso dopo le prime cure i medici decidevano di ricoverarmi. Io restavo lì, sola, allora alle mamme non era permesso di restare con i bambini oltre l'orario di visita. Mia madre cercava di imbonirsi con cioccolatini e regalini tutto il personale, ma alcuni erano disponibili a chiudere un occhio, altri no. I miei ricordi ovviamente non sono precisi, sono avvolti dall'oblio, ma alcune cose ti restano impresse, non te le scordi mai più. Ad esempio ricordo che la domenica c'era una suora che ci preparava, ci metteva in testa la brillantina Linetti, e a chi non aveva vestiti glielo forniva lei, (a me piaceva questa cosa, mi immaginavo di essere un'orfanella, tipo Cenerentola) e tutti in fila ci portava a messa. Una volta quando tornai a casa mia mamma si arrabbiò molto con la "capa di pezza", che pettinandoci tutti con lo stesso pettine, aveva praticamente riempito la mia testa di ospiti. Ricordo lo strazio del pettinino stretto passato in testa fino allo sfinimento. Ricordo poi che una bambina più piccola, forse di origini Rom, si mangiò i piedi della mia bambola nuova e mia madre cercò di consolarmi, raccontandomi che quella bambina era stata abbandonata lì in ospedale, e che non c'era cattiveria nei suoi gesti, ma solo dolore. Un'altra volta sul mio letto trovai uno scarafaggio, e scappai in corridoio, e restai lì ad aspettare mia madre che arrivasse, e le raccontai spaventata l'accaduto, mi misi a piangere e mi arresi solo quando lei decise che mi avrebbe riportata a casa. Un'altra volta mi ricordo che mentre le altre bambine dormivano, io sentii il suono della televisione che proveniva dalla stanza delle infermiere. C'era Sanremo, mi nascosi dietro la porta per ascoltare le canzoni. Quando un'infermiera mi trovò si mise a ridere, mi chiese "ma ti vuoi vedere il Festival con noi?" Risposi con un timido "si" e fu una delle serate più belle della mia vita. Ovviamente i miei ricordi riguardano i momenti del ricovero in cui già stavo meglio, ero cosciente, scendevo dal letto. Non ricordo quasi nulla degli altri momenti in cui stavo maledettamente male. 
Ora capirete perché sono così indignata. Sono passati quasi 50 anni e quella stessa struttura ospedaliera è rimasta lì, oasi nel deserto per accogliere i piccoli ammalati di tutta la provincia di Napoli. Abbiamo raggiunto la Luna, Marte, abbiamo costruito i treni ad alta velocità, la stessa medicina ha fatto passi da gigante, ma il Santobono sta sempre là. Ci ho anche portato in seguito i miei figli alla bisogna. Non c'è un'alternativa, è l'unico pronto soccorso pediatrico.  Il personale è magnifico, fa sforzi sovrumani per accudire e curare tutti quei bambini. Ma come si legge nell'articolo la loro fatica e i loro problemi non trovano la giusta attenzione in chi dovrebbe averla. I bambini non dovrebbero ammalarsi mai. Ma quando si ammalano non dovrebbero certo avere problemi di mancanza di erogatori di ossigeno, di posti letto. Nessun bambino dovrebbe giacere una sola notte su una barella perché non c'è un letto libero. Mia figlia è laureata in scienze infermieristiche pediatriche, diverse delle sue amiche per lavorare sono dovute venire qui in Germania. Anche lei probabilmente dovrà lasciare Napoli, mentre al Santobono non ci sono infermieri sufficienti. L'Italia è un  paese crudele, è spietato. Chi ha ridotto la sanità campana in queste condizioni ha responsabilità morali grandi quanto macigni, decenni di cattiva gestione e di mancata programmazione creano stati di emergenza permanente, che ricadono sulla pelle dei bambini.  
Un'ultima cosa. Tra poco ci sarà il festival di Sanremo, e io mi ricorderò di nuovo di quella infermiera gentile. Mi piacerebbe poterla ringraziare, ma ovviamente non ne ricordo il nome. Il mio ringraziamento lo lascio qui, non si può mai sapere, in fondo il web è piccolo. 


2 commenti:

  1. Maria grazia Bergamasco7 gennaio 2017 alle ore 18:13

    Patrizia grazie per i tuoi scritti. Riesci ad arrivare al cuore delle persone senza pietismi, diretta sincera descrittiva. Leggerti è un piacere. Resta l'amaro delle situazioni descritte che invece di migliorare o restare almeno stabili peggiorano sulla pelle dei malati specialmente i più fragili, bambini e anziani.

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    1. grazie della tua attenzione e del tuo benevolo giudizio.

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